mercoledì 3 novembre 2010

Emergenza Rifiuti e Raccolta Differenziata, incontro pubblico a Strada in Chianti

MARTEDÌ 9 NOVEMBRE ALLE ORE 21.00
Il Circolo ARCI Filarmonica B. Paoli di Strada in Chianti organizza un incontro pubblico sul tema dell'Emergenza Rifiuti e della Raccolta Differenziata
Largo della Cappellina, 2 - Strada in Chianti (Sala Polivalente)
per informazioni, tel. 333.58.73.939


Saranno presenti per confrontare diverse esperienze, illustrare i diversi aspetti della problematica rifiuti (nella nostra area), ascoltare le nostre opinioni:

ROSSANO ERCOLINI
Responsabile del Centro Ricerche "RIFIUTI ZERO" del Comune di Capannori, uno dei Comuni più virtuosi d'Italia per la quantità di rifiuti differenziata

DOMENICO SCAMARDELLA
Dirigente della Società S.A.F.I.

SIMONA FORZONI
Assessore all'Ambiente del Comune di Greve

FRANCO DI MARTINO
Responsabile per Legambiente del settore rifiuti

Alle ore 20:00 buffet offerto dal circolo

Scarica il volantino della serata

venerdì 22 ottobre 2010

I produttori di vino Chianti: il no all’impianto di Testi

I produttori di Chianti: «Fermate ilpiano dei rifiuti»
In una lettera il no all’impianto di Testi

Corriere Fiorentino, 22 ott 2010, Lisa Baracchi



SAN CASCIANO - I produttori di vino Chianti chiedono di rivedere (completamente) il piano provinciale dei rifiuti. Lo ritengono «obsoleto», soprattutto per la scelta di realizzare il termovalorizzatore a Testi, nel comune di Greve. «Abbiamo studi che dimostrano l’insensatezza ambientale, tecnica ed economica di questa scelta», si legge nella lettera che i presidenti del Consorzio Vino Chianti Classico e della Fondazione per la Tutela del Territorio del Chianti Classico, Marco Pallanti e Lapo Mazzei, hanno inviato ai presidenti di Regione e Provincia, al prefetto e al sindaco di Firenze.

La lettera è partita da Sant’Andrea in Percussina (San Casciano), sede del Consorzio, il 29 settembre. «Il Consorzio e la Fondazione non sono pregiudizialmente contro i termovalorizzatori, purché siano giustificati da rigorose analisi e da assolute garanzie per la salute dei cittadini», continua la lettera. I produttori di vino sono dalla parte del sindaco di Greve, Alberto Bencistà, che ha chiesto una moratoria al progetto dell’inceneritore. Chiedono una programmazione pubblica più oculata per non inserire l’insediamento industriale in «un distretto agroindustriale tra i più importanti d’Italia», simbolo dell’identità culturale della Toscana. Dicono di puntare alla riduzione della produzione di rifiuti e avviarne all’incenerimento una frazione minima. «Anche se si raggiunge il 65% di raccolta differenziata e anche se si continua sulla linea di riduzione della produzione di rifiuti, già avviata - spiega l’assessore provinciale all’ambiente Renzo Crescioli - c’è necessità di costruire gli impianti già in programma. Quello di Testi è inserito nel piano provinciale dei rifiuti, in quello straordinario d’ambito, mentre è in via di definizione il piano interprovinciale. I quattro impianti pianificati servono a Firenze, Prato e Pistoia e un milione e 600 mila cittadini».

Se l’inceneritore di Case Passerini tratterà circa 136 mila tonnellate di rifiuti l’anno, quello di Testi ne brucerà 70 mila. «Mentre per fare un esempio con il resto d’Italia, Brescia che ha un milione e 200 mila cittadini porta a smaltire nel suo impianto 800 mila tonnellate di rifiuti», precisa Crescioli. E sulla moratoria commenta: «C’è già una moratoria di fatto perché se a Case Passerini siamo alla gara di appalto e si pensa di avviare l’impianto nel 2014, per Testi si andrà oltre questa data, le procedure sono più indietro».

lunedì 19 luglio 2010

I comitati spiegano le motivazioni dell'esposto sullo smaltimento delle ceneri del gassificatore

IL COMUNICATO STAMPA


Il coordinamento delle associazioni ambientaliste del Chianti fiorentino ed il Comitato Chianti senza inceneritore hanno presentato un esposto presso la Procura di Firenze e ai NOE di Firenze concernente la vicenda delle ceneri del gassificatore di Testi, smaltite insieme ai silos che le contenevano dalla società SACCI.

I FATTI

Nel luglio 2009 la Provincia di Firenze ha dato autorizzazione alla costruzione di un impianto a turbogas di 50 MW proposto dalla società Volta srl all’interno dell’area del cementificio SACCI.

Tale impianto, peraltro osservato dalle associazioni ambientaliste e oggetto di un ricorso al TAR, si viene a collocare all’interno dell’area del cementificio di proprietà di SACCI spa, area contigua all’impianto di gassificazione (ora non funzionante) di proprietà pubblica (della società SAFI)

Dalla Relazione per lo STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE prodotto da Volta srl nel giugno 2006 siamo venuti a sapere che alcuni degli edifici in disuso appartenenti al vecchio cementificio sarebbero stati demoliti per fare spazio alla Centrale e che tra questi erano compresi dei silos pieni di ceneri provenienti dal gassificatore ora in disuso. La capacità di questi silos era di almeno 8000 mc per cui si parla di una quantità significativa di CENERI DA COMBUSTIONE DI CDR SICURAMENTE INQUINANTI, forse tossico-nocive

Dalla relazione si evinceva anche che il cls rimasto a contatto con sostanze fortemente contaminanti (1600 mc circa su 10.000 totali) sarebbe stato frantumato in sito e spianato a fare fondazioni, con possibile rischio di contaminazioni da infiltrazione di acque sotterranee.

Tale punto sulla presenza di ceneri da gassificatore e sulle metodiche per il loro smaltimento SCOMPARE in tutti i successivi documenti per le procedure di VIA, variante urbanistica, etc. prodotti dall’azienda nel corso dell’iter autorizzativi della centrale a turbogas, e non risulta osservato né da Provincia né da Regione né da ARPAT per le rispettive competenze.

Le demolizioni, sono state il primo atto della edificazione del nuovo impianto, e quindi sarebbe stato importante controllare che non venissero frettolosamente compiuti atti o passaggi con implicazioni potenzialmente dannose per la salute pubblica.

Preoccupati per tale situazione, abbiamo proposto alle diverse forze politiche di Greve in Chianti e di San Casciano di fare chiarezza sulle procedure di BONIFICA E SMALTIMENTO DELLE CENERI nei consigli comunali, in virtù della prioritaria funzione di tutela della salute pubblica svolta dal sindaco. Abbiamo perciò proposto una INTERROGAZIONE, che fatta propria da alcune forze politiche è approdata ai due consigli comunali

Le risposte che abbiamo ottenuto ci sono parse elusive o addirittura contraddittorie con atti o documenti concernenti la pratica e da noi visionati.

Il Comune di Greve ci ha cortesemente fornito il materiale cartaceo a sua disposizione concernente il Piano di Investigazione redatto dagli arch. Orlandi e Bronzi e da tali documenti emerge:

1.che il piano di caratterizzazione dell’area sembra tralasciare alcuni inquinanti SICURAMENTE presenti nelle matrici acqua e terra (quali mercurio o PCDD) in quanto emessi negli anni dal camino del cementificio, emissioni in parte sicuramente collegate alla combustione di CDR nel cementificio.

2.in un succinto documento della SACCI si dichiara alla ditta Moscatelli (incaricata dell’abbattimento dei volumi) che i silos sono stati BONIFICATI dalle ditte DEMONT e TESECO, con conferimento del materiale polverulento (Ceneri dei rifiuti del gassificatore) e dell’ETERNIT in discariche autorizzate. Ciò non viene supportato da alcuna informazione riguardante le analisi di tali CENERI o le discariche utilizzate, o la tipologia di bonifica attuata sui silos

3.Nella Relazione Tecnica prodotta per la ditta Moscatelli da GEOSTUDIO si accenna a una metodica di frantumazione degli edifici che prevede la demolizione di quelli più bassi e la realizzazione con tali materiali delle rampe per arrivare ai silos con il risultato che il materiale derivante dalla demolizione dei silos (rimasti a contatto per anni con ceneri da rifiuti) sarebbe ovviamente stato miscelato con il resto dei materiali, senza separazione delle due matrici. Di più, i macchinari irrorano il materiale per impedire la dispersione polveri, e in questo avrebbero facilitato evidentemente la commistione e eventualmente la trasmigrazione degli inquinanti.

Insoddisfatti dalle risposte delle amministrazioni comunali abbiamo chiesto come COORDINAMENTO AMBIENTALISTA un incontro alla Provincia, Direzione Ambiente e gestione rifiuti, ufficio PO VIA AIA e ARIA. Tale incontro, tenutosi nel novembre 2009 ha visto la partecipazione sollecita di molti tecnici degli uffici provinciali. Da tale incontro sono emersi i seguenti dati:

1.Durante il piano di dismissione si deve attuare un piano di investigazione sulla base di un piano predisposto dai tecnici di SACCI (che hanno campionato il suolo) ma che alla data dell’incontro non risultava ancora APPROVATO tale piano di investigazione mentre le demolizioni erano già state eseguite)

2.Forse si sarebbe anche potuto separare il materiale dei silos dal resto, ma NESSUNO (tra le amministrazioni coinvolte) HA CHIESTO AGLI UFFICI PROVINCIALI DI PRESCRIVERLO

3.Nonostante che nella Relazione di Geostudio si parli di un recupero di circa 10.000 mc di materiale, risultava alla Provincia una autorizzazione alla ditta Moscatelli per soli 4500 tonnellate di materiale (2000 mc circa)

4.in un controllo della POLIZIA PROVINCIALE i materiali depositati nell’area di cantiere non collimavano con le quantità che dovevano esservi

L’incontro con la provincia ci ha lasciato comunque tutti i dubbi dai quali era partita la nostra azione, in quanto noi non sappiamo ancora alla data di oggi quante erano le ceneri del gassificatore, cosa contenevano, dove sono state smaltite, come è stata attuata la bonifica dei silos, quanti erano e dove sono finiti gli inerti derivanti, che cosa c’era in tali inerti, chi ha mai verificato (se qualche istituzione pubblica lo ha fatto) le autoanalisi eseguite da SACCI, soggetto che ha gestito le ceneri contenute nei silos.

Queste sono le ragioni di merito che ci hanno spinto a presentare l’esposto.

A queste si sommano anche altre considerazioni che noi traiamo dai fatti esposti, e che hanno concorso a spingerci a tale passo:

1.La combustione dei rifiuti (in questo caso il Gassificatore) produce comunque altri rifiuti, spesso più pericolosi, e diffonde gli inquinanti nell’atmosfera, e quindi non RISOLVE IL PROBLEMA

2.Queste vicende dimostrano quanto sarebbe pericoloso e poco controllabile un POLO DEI RIFIUTI PRIVATO-PUBBLICO quale quello che si delinea a Testi

3.I privati coinvolti nell’impresa (SACCI e la multinazionale TRAFIGURA sua socia in VOLTA srl) hanno un passato che non testimonia sulla loro piena affidabilità ambientale

4.La prima vittima di questi progetti di combustione dei rifiuti è spesso la trasparenza e la pubblicità degli atti

5.i controlli pubblici e sanitari evidentemente non sono stringenti come dovrebbero

Coordinamento Ambientalista del Chianti Fiorentino

(Rete toscana dei comitati per la difesa del territorio, Italia Nostra, Legambiente circolo “Il Passignano” Tavarnelle/San Casciano V.P., Legambiente circolo “Il Gallo Verde” Greve in Chianti, Medicina Democratica, WWF sezione toscana, Forum Ambientalista Toscano) Comitato Chianti senza inceneritore


luglio 2010

venerdì 16 luglio 2010

Mattanza di cervi e daini a Greve e San Casciano?

www.verditoscana.it - Comunicato stampa del 10 luglio 2010

Mattanza di cervi e daini a Greve e San Casciano?

E i cittadini che vorranno recarsi in quei comuni a passeggiare per le campagne, rischieranno di prendersi una fucilata?

La Provincia di Firenze ha recentemente approvato una delibera per l'attuazione del Piano faunistico, conseguente anche all’approvazione, da parte della Regione, della discussa l.r. 2/2010 "Modifiche alla l.r. 3/94 - (Recepimento della legge 11 febbraio 1992 n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»)": con tale atto si prevede l’eradicazione (leggasi sterminio – ndr) di cinghiali e daini da tutti i territori c.d. non vocati, dei cervi nell’intero territorio del Chianti e nelle zone di Pontassieve e Rufina.

Greve e San Casciano sono ad oggi i due comuni che stanno sollecitando la possibilità per gli agricoltori di abbattere gli ungulati, direttamente o avvalendosi dei cacciatori abilitati, prevedendo l'estensione della facoltà di deroga al calendario venatorio.

“Sono decisioni gravi – dichiara Mauro Romanelli, Consigliere Regionale dei Verdi – prese senza il coinvolgimento del mondo ambientalista, senza il supporto di dati scientifici (monitoraggi puntuali, censimenti) per valutare la dimensione reale del sovrappopolamento e individuare i tetti da stabilire per gli eventuali contenimenti: c'è ua forzatura anche rispetto allo stesso Piano faunistico provinciale per il quale l'eradicamento non è un obbligo, ma solo un’eventualità da considerarsi residuale”.

“La cosa incredibile è che la stessa Arcicaccia, si dice contraria l provvedimento”.

“Tutto ciò – continua l’esponente ecologista - incrementerà non poco il rischio per la popolazione residente o di passaggio nei territori aperti a causa di una situazione di caccia permanente: di fatto, stiamo assistendo a livello locale ad una totale resa verso le posizioni più oltranziste e ideologiche del mondo venatorio che è invece responsabile principale del problema ungulati con i ripopolamenti di cinghiali alloctoni e con la pasturazione degli stessi nelle cattive annate per consentirne la prolificità”.

“Invito – termina il Consigliere regionale dei Verdi – Provincia e Comuni a ripensare subito i propri orientamenti: tutela della biodiversità , tutela dell'ecosistema e attività agricola devono trovare un giusto equilibrio non attraverso lo sterminio indiscriminato degli ungulati, ma tramite una gestione attenta del territorio con prelievi selettivi, rispetto dei corridoi di transito, limite alle recinzioni private e agricole, divieto di pasturazione e di introduzioni di specie non autoctone".

Nel frattempo, è bene che i cittadini sappiano di queste scelte irresponsabili e ci sentiamo in dovere di metterli in guardia: se si vuol fare ua passeggiata per godersi la campagna, è bene tener presente che, se i due Comuni e la Provincia perseguiranno in questa scelta, nei pressi di San Casciano e Greve potrebbe esserci il concreto rischio di prendersi una fucilata, anche fuori del tradizionale periodo di caccia"

Mauro Romanelli - Consigliere Regionale Verdi

sabato 10 luglio 2010

Esposto dei Comitati del Chianti sulla vivenda delle ceneri del gassificatore di Testi

Lunedì 12 luglio, alle ore 12:00,

presso la sala stampa Montanelli del Consiglio Regionale della Toscana (Via Cavour, 4 – Firenze – 1° piano) il coordinamento delle associazioni ambientaliste del Chianti fiorentino ed il Comitato Chianti senza inceneritore presentano alla stampa l’esposto da loro depositato in Procura e ai NOE di Firenze concernente la vicenda delle ceneri del gassificatore di Testi, smaltite insieme ai silos che le contenevano, dalla società SACCI.
Una vicenda ambigua e contraddittoria sulla quale i comitati e le associazioni ambientaliste ricorrono alla giustizia per avere certezze e trasparenza.


All’incontro con la stampa saranno presenti:

Mauro Romanelli - Consigliere regionale Federazione Sinistra/Verdi
Monica Sgherri - Consigliere regionale Federazione Sinistra/Verdi
Lucia Carlesi - Consigliere comunale San Casciano
Paolo Stecchi - Consigliere comunale Greve in Chianti
Esponenti del Coordinamento Ambientalista del Chianti Fiorentino (Rete toscana dei comitati per la difesa del territorio, Italia Nostra, Legambiente circolo “Il Passignano” Tavarnelle/San Casciano V.P., Legambiente circolo “Il Gallo Verde” Greve in Chianti, Medicina Democratica, WWF sezione toscana, Forum Ambientalista Toscano) e del Comitato Chianti senza inceneritore.

Sono invitati i Comitati della piana.

giovedì 17 giugno 2010

L'uso degli erbicidi in agricoltura



Il problema dell'uso sconsiderato di erbicidi ed altri prodotti chimici, dell'impatto di un modello di agricoltura non più sostenibile sul paesaggio, sull'ambiente e sulla salute di tutti, è drammaticamente presente anche sul nostro territorio.

Il Laboratorio per un'Altra San Casciano ha già ottenuto un primo risultato, ottenendo nel nuovo regolamento edilizio di San Casciano il divieto di uso di erbicidi e presidi chimici in tutti gli spazi pubblici comunali. Ma questo non basta, dobbiamo domandarci tutti quale AGRICOLTURA dobbiamo promuovere e costrure, con i nostri atti quotidiani e con l'impegno politico.

Il Laboratorio per un'Altra San Casciano promuove perciò una
RIUNIONE APERTA DI APPROFONDIMENTO sul tema per il giorno

LUNEDI 21 giugno ore 21,15
presso la Casa del popolo di San Casciano, sala tombola

intervengono
Maurizio Mazzariol (AIABB, Foro Contadino) su:
Le altre agricolture (bio), gli scenari nazionali e europei definiti dalla PAC
Nicoletta Angioletti (agricoltore bio)
coordina la serata Giuseppe Pandolfi (agricoltore bio, Legambiente)

La riunione è aperta a tutti coloro che sono interessati a discutere dell'argomento.


Il PDF dell'iniziativa

martedì 25 maggio 2010

Giovedì il Consiglio comunale di Greve in Chianti voterà per fermare la cotruzione dell'inceneritore

Giovedì 27 maggio alle ore 21.00 presso il salone consiliare del comune di Greve in Chianti si terrà un consiglio comunale dove sarà votata la mozione contraria alla costruzione dell'inceneritore (o termovalorizzatore che dir si voglia) nell'area di Testi.

È un appuntamento molto importante: quando il sindaco ed i consiglieri voteranno per fermare la costruzione dell'inceneritore - come ci auguriamo che facciano - devono sapere di avere il pieno appoggio dei cittadini.

Affinchè i consiglieri ed sindaco ci possano vedere arrivando, troviamoci davanti al comune alle 20.30 con striscioni, cartelli, volantini e tutto quello che può servire, nel pieno rispetto delle regole e della convivenza civile a ricordargli perchè siamo lì.

Vi aspettiamo numerosi...

Per maggiori informazioni
Comitato Chianti Senza Inceneritore: www.chiantisenzainceneritore.it
Mail: info@chiantisenzainceneritore.it

lunedì 24 maggio 2010

La contaminazione da diossine delle filiere alimentari



Il caso delle mozzarelle di bufala prodotte in Campania rappresenta solo l’ultimo degli allarmi legati al riscontro di diossine o sostanze diossino-simili negli alimenti. Non solo in Italia, ma anche all'estero, dove per il timore che la produzione casearia italiana sia poco salubre, si preferisce non importare questi alimenti. La Corea prima ed il Giappone dopo, hanno bloccato le importazioni di mozzarella dall’Italia. In un paio di giorni il crollo delle vendite ha causato, secondo il consorzio mozzarella di bufala DOP, un danno da 30 milioni di euro.

In questo caso, come in altri precedenti, i cittadini hanno ricevuto informazioni contrastanti, dagli esperti e dai rappresentanti della classe politica, sia sul livello di pericolosità delle diossine sia sui controlli effettuati presso i caseifici e gli allevamenti coinvolti.

Dapprima le autorità competenti (Ministeri e Regione) hanno affermato che le positività riscontrate da altri Paesi erano legate esclusivamente a battaglie commerciali, poi hanno ammesso che la presenza di contaminanti era stata rilevata già su campioni effettuati in Campania ma non si era ritenuto di dare informazione all’opinione pubblica, in seguito è stato predisposto un piano di campionamenti a tappeto con il blocco cautelativo delle produzioni sino all’esito dell’analisi, contestato dai produttori che sono già stati penalizzati dal calo delle vendite.

In questo contesto è, naturalmente, aumentato l'utilizzo di latte straniero per la produzione di mozzarella campana. Sono “1,8 milioni i quintali di derivati del latte importati in Campania dall’estero da cento aziende, soprattutto dal Centro e dell’Est europeo, per una produzione equivalente pari a 4.746.137 quintali di latte. In pratica, una mozzarella su quattro non è italiana”, rivela il presidente di Coldiretti Campania, Gennaro Masiello.

Niente di strano...

Che cosa sono le diossine
Il termine diossine si riferisce ad un gruppo di 210 composti chimici aromatici policlorurati, formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro.
Sono sostanze inodori, termostabili, insolubili in acqua e fortemente liposolubili in grado di legarsi al particellato (sedimento) e alla frazione organica ambientale ed essere assorbite nei grassi dell’uomo e degli animali. Non sono biodegradabili quindi persistono e tendono a bio-accumularsi nella catena alimentare concentrandosi nei grassi dell’uomo e degli animali.

Le diossine sono contaminanti ambientali presenti in tutti gli habitat. Il trasporto con l’aria delle emissioni provenienti da molte fonti (incenerimento dei rifiuti, traffico veicolare, industrie chimiche, ecc.) sono la principale via di contaminazione delle parti arboree, dei pascoli e dei seminativi. Lo smaltimento delle sostanze chimiche in discariche non controllate con fuoriuscite e successive diffusioni delle sostanze tossiche sono la causa della contaminazione dei suoli.

Dagli studi condotti finora si è visto che le diossine tendono a concentrarsi maggiormente nei grassi, quindi i grassi animali. A parità di esposizione, più lunga è la vita dell’animale, più alto è l’accumulo di diossina nel tessuto adiposo.
L’ esposizione avviene anche attraverso la respirazione e la cute.
Alcuni gruppi di popolazione come i neonati lattanti (la madre, soprattutto nella prima gravidanza, cede col primo latte le quantità accumulate nel periodo di vita pre-materno) o i consumatori di diete ad alto contenuto di grassi nelle zone altamente inquinate, sono maggiormente esposti ad alti tassi di diossina.

La manifestazione di Montale contro gli inceneritori - 22 maggio 2010

venerdì 21 maggio 2010

Il Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste del Chianti fiorentino aderisce alla Manifestazione di Montale contro gli inceneritori

Coordinamento Toscano Rifiuti Zero
Coordinamento Comitati della Piana Fi - Po - Pt


SABATO 22 MAGGIO
MANIFESTAZIONE REGIONALE


Partenza: Piazza Gramsci, Agliana, ore 15

IN TANTI PER DIRE

NO! ALL'INCENERIMENTO DEI RIFIUTI NO! AI VECCHI E NUOVI INCENERITORI NO! ALLE CENTRALI A BIOMASSE NO! ALLA TRASFORMAZIONE DEI RIFIUTI IN CDR NO! AL CICLO INTEGRATO

IN TANTI PER DIRE

SI! ALLA RIDUZIONE DEI RIFIUTI SI! ALLE RACCOLTE DIFFERENZIATE PORTA A PORTA SI! AL RECUPERO E AL RIUSO DI MATERIA SI! ALLA STRATEGIA RIFIUTI ZERO SI! AL DIRITTO AD AVERE UNA ALIMENTAZIONE SANA SI! AL DIRITTO AL FUTURO PER I NOSTRI FIGLI SI! ALLA DIFESA DEI BENI COMUNI

ALLA GIUNTA ROSSI noi diciamo che partiamo da Montale, per dire BASTA a tutti questi IMPIANTI DI MORTE che contaminano i cibi e AVVELENANO perfino il LATTE MATERNO, che sono inutili e costosi, che sprecano risorse e favoriscono malaffare e corruzione.

Maggiori informazioni:
Coordinamento dei Comitati della Piana di Firenze Prato e Pistia

La Confesercenti di Greve contro il termovalorizzatore di Testi

Sulla questione del termovalorizzatore di Testi di cui, ultimamente, si è ampiamente occupata la stampa, la Confesercenti di Greve in Chianti esprime con forza il proprio disaccordo all’ipotesi di costruire una tale struttura nel territorio di Greve in Chianti.

“L’economia delle nostre imprese - sottolinea il Presidente della Confesercenti di Greve, Daniele Tapinassi - si basa quasi esclusivamente sul turismo, la produzione del vino e quella dell’olio.
La costruzione del termovalorizzatore avrebbe inevitabilmente un impatto negativo su tutto il nostro territorio, sia dal punto di vista dell’inquinamento ambientale che da quello dell’immagine nei confronti del turismo”.

Un progetto, quindi, che la Confesercenti non può condividere per le ricadute estremamente negative su tutta l’area.

“Auspichiamo – conclude Tapinassi - che il Piano Provinciale sullo smaltimento dei rifiuti venga rivisto, e che al posto di tre termovalorizzatori nella provincia di Firenze ne venga realizzato uno solo, più grande, e in località con caratteristiche adeguate, lontano dai corsi d’acqua e in una zona aperta e ben collegata e servita dal punto di vista della viabilità.”

giovedì 13 maggio 2010

Quale democrazia? Partiti e cittadini nei Servizi di Pubblica Utilità - Laboratorio per un'altra San Casciano - la conferenza di Lunedì 10 maggio 2010

La presentazione, moderatore Giancarlo Brunetti, del Laboratorio per un'altra San Casciano
Giulio Citroni, Università della Calabria
Francesco Gesualdi, Centro Nuovo Modello di Sviluppo
Il pubblico
Un momento del dibattito
Alcune immagini della conferenza che ha avuto luogo lunedì 10 maggio 2010 nella biblioteca di San Casciano Val di Pesa.

mercoledì 5 maggio 2010

L'assessore che non ti aspetti

Metropoli, 30 aprile 2010
San Casciano stupito dalla nomina in Regione di Anna Marson, in passato contraria alla variante Laika


Il sindaco Massimiliano Pescini ha già fatto i primi passi, politici e istituzionali, necessari a far pervenire al neopresidente della Regione Toscana Enrico Rossi tutto il dissenso verso la nomina di Anna Marson, docente universitaria a Venezia, come assessore regionale all'urbanistica...
"... le associazioni ambientaliste - dice Carlesi - che invece conoscono Anna Marson per la sua competenza in materia di pianificazione territoriale..." Metropoli, 30 aprile 2010

Leggi l'articolo...

OBIETTIVO ZERO: giornata per un nuovo equilibrio sostenibile a Firenze


OBIETTIVO ZERO: GIORNATA EVENTO PER UN NUOVO EQUILIBRIO SOSTENIBILE

Il 15 maggio 2010 l'area Viper Theatre ospiterà Obiettivo Zero, un evento che raccoglie realtà, proposte ed esperienze che vedono nello "zero" un punto di equilibrio positivo cui tendere per risolvere i problemi della contemporaneità.

Rifiuti Zero, Km Zero, Zero Digital Divide, Crescita Zero, Profitto Zero, sono i temi di questa giornata evento che tramite esperienza, intrattenimento e informazione coinvolgerà i partecipanti in una riflessione comune sui temi della sostenibilità ambientale e sociale.

Info: Obiettivo zero

Negli USA, l'agricoltura chimica transgenica sta fallendo miseramente

Negli USA, l'agricoltura chimica transgenica sta fallendo miseramente, poichè anno dopo anno cresce il numero di erbe infestanti resistenti all'erbicida glifosato. Le resistenze riguardano soprattutto le coltivazioni di soia roundup, la specie geneticamente modificata per essere resistente all'erbicida. Ad affermarlo non sono hippies ambientalisti, ma l'autorevole New York Times, da cui è almeno dieci diverse "erbacce" resistenti al glifosato si sono sviluppate in 22 stati USA. Il numero di infestanti è particolarmente elevato in Kansas, Missouri, Arkansas, Ohio, Tennessee e Mississippi, stati a forte produzione agricola che forniscono circa un quarto del raccolto complessivo di soia. Gli agricoltori dovranno ora sostenere notevoli costi supplementari per rimuovere le erbacce: altri veleni chimici, diserbo manuale, oppure aratura per eliminare le erbe, con aumento dell'erosione del suolo. «E' la più grande minaccia mai vista alla produzione agricola», sostiene Andrew Wargo, dell'associazione di tutela ambientale ARACD. Guarda caso l'USDA dal 2008 non pubblica più le statistiche sull'uso dei pesticidi; meglio non sapere... Gli agricoltori americani hanno in sostanza fatto un esperimento evoluzionistico su larga scala, mostrando l'evoluzione all'opera nell'arco di pochi anni. Possibile che le teste d'uovo della Monsanto non ci abbiano pensato in anticipo? Ma, forse, essendo dei superspecializzati, nessuno di loro ha dato l'esame di teoria dell'evoluzione, oppure sono tutti dei convinti creazionisti...

Fonte Ecoalfabeta

venerdì 30 aprile 2010

Rifiuti: strategie per una soluzione al problema - Giovedì 29 aprile 2010

Patrizia Gentilini, Medico oncologo ed ematologo ISDE Italia
Gianluigi Salvador, Referente energia e rifiuti WWF veneto e membro MDF
Il pubblico

Alcune immagini della conferenza organizzata dal Laboratorio per un'altra San Casciano, nell'arco delle iniziative della Campagnia sulla gestione dei Servizi di Pubblica Utilità e i Beni comuni che ha avuto luogo ieri nella biblioteca di San Casciano Val di Pesa.

La conferenza, che prevedeva le relazioni di Patrizia Gentilini, oncologa e aderente all'Associazione Medici per l'Ambiente, e di Gianluigi Salvador, consigliere e responsabile per i rifiuti e l’energia del WWF, grazie anche alla presenza di un nutrito e interessatissimo pubblico, ha avuto il successo che ci si augurava. Su temi di tanta rilevanza e importante riuscire ad aver accesso ad informazioni non falsate e a dati chiari. La nostra salute e servizi pubblici quali le gestione dei rifiuti, la cui interconnessione a noi risulta evidente, può trovare delle soluzioni virtuose.

Altre immagini a questo indirizzo:
http://www.flickr.com/photos/laboratorioperunaltrasancasciano/

martedì 20 aprile 2010

La gestione dei Servizi di Pubblica Utilità



I Servizi di Pubblica Utilità come l’acqua, i rifiuti, i trasporti, la sanità, la scuola, hanno un ruolo centrale nella nostra vita e coinvolgono diritti fondamentali garantiti a tutti dalla nostra Costituzione. Da tempo assistiamo a gestioni (pubbliche, private, miste) che sembrano avere come obiettivo primario il raggiungimento del profitto economico e la creazione di posizioni di potere per il personale politico: così le tariffe aumentano, la qualità dei servizi peggiora, gli investimenti scarseggiano. Parliamone e discutiamone insieme: a San Casciano un appuntamento del Laboratorio per un'altra San Casciano.


Rifiuti: strategie per una soluzione al problema
Giovedì 29 aprile 2010, ore 21

Biblioteca comunale, via Roma 37, San Casciano Val di Pesa

Intervengono:

Patrizia Gentilini
Medico oncologo ed ematologo ISDE Italia
Inceneritori, danni alla salute e loro pericolosità; il caso dell’inceneritore di Montale

Gianluigi Salvador
Referente energia e rifiuti WWF veneto e membro MDF
Una strategia per uscire dall’emergenza e chiudere il ciclo; il caso del consorzio Priula e del Centro Ricerca e Riciclo Vedelago


Quale democrazia? Partiti e cittadini nei servizi di pubblica utilità
Lunedì 10 maggio 2010, ore 21

Biblioteca comunale, via Roma 37, San Casciano Val di Pesa

Intervengono:

Giulio Citroni
Università della Calabria

Francesco Gesualdi
Centro Nuovo Modello di Sviluppo

lunedì 12 aprile 2010

Incenerire i rifiuti? NO, GRAZIE!

Manifestazione Rifiuti/contro Inceneritori dell'11 aprile 2010, nell'arco della Campagna contro l'inceneritore di Testi e per la raccolta porta a porta finalizzata al riciclo e alla valorizzazione dei materiali con un vero e concreto progetto di area su vasta scala, con spettacolo in strada GUERRILLATRASH di Luca Privitera (UltimoTeatro)

venerdì 9 aprile 2010

11.04.10 - Incenerire i rifiuti? NO, GRAZIE

Vai al PDF


INCENERIRE I RIFIUTI?
no grazie, abbiamo alternative!


Esiste una convinzione diffusa: che con l’incenerimento il rifiuto “scompaia”, risolvendo così il problema. Niente di più falso.


L’incenerimento...

produce rifiuti più voluminosi e pericolosi di quelli che entrano nell’impianto: ceneri, filtri, acque sporche e fumi contenenti diossine, furani, polveri sottili e metalli pesanti, tutte sostanze estremamente pericolose per salute e ad altissimo potere inquinante;

non elimina la discarica: dove si smaltiscono ceneri e filtri inquinati?

disincentiva la riduzione e il riciclo: i materiali che bruciando
producono più energia (quelli “economici” se bruciati) sono i derivati del petrolio, più inquinanti ma allo stesso tempo più facilmente riciclabili;


spreca risorse ed energia: il materiale bruciato non può più essere riutilizzato (come avviene con il riciclaggio) e occorrerà nuova materia e nuova energia per riprodurlo;


degrada l’ambiente e danneggia l’agricoltura: gli inquinanti si depositano sul terreno e sulle coltivazioni ed entrano quindi nella catena alimentare; importantissimi settori dell’economia, da quello agroalimentare al turismo, ne sono irreparabilmente compromessi.

rappresenta spreco di denaro pubblico: gli inceneritori vengono finanziati attraverso incentivi statali (Cip6 e certificati verdi), ed in questo consiste il vero business nella costruzione di tali impianti, ai danni delle tasche dei cittadini.

Un (buon) governo ha il ruolo di gestire il funzionamento della società in modo economico e razionale con l’obiettivo di ottenere il massimo beneficio per la maggioranza della popolazione e non il vantaggio di pochi.
Gli inceneritori non costituiscono una soluzione, ma il vantaggio di pochi.
Come gestire, allora, i rifiuti?

Il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto, occorre perciò ridurre i rifiuti all’origine:
• disincentivando l’usa e getta;
• promuovendo la ricerca scientifica e il design industriale nel settore dei materiali riciclabili.

Ciò che intendiamo per “rifiuto”, è risorsa economica. Un esempio concreto: gli imballaggi ci costano talvolta più delle merci acquistate, come accade spessissimo per i prodotti alimentari: quanti soldi buttiamo ogni mese nel cassonetto? Occorre perciò:
• finalizzare la raccolta porta a porta al recupero, riciclo e riutilizzo dei materiali; tale finalità va incentivata anche attraverso lo sviluppo del mercato dei materiali post consumo.

Gli sfalci di fogliame e gli scarti di cucina delle famiglie e dei centri di ristorazione rappresentano il 30-40% in peso dei rifiuti, hanno pochissimo potere energetico se bruciati, mentre potrebbero essere riutilizzati come concimi:
• è necessario dunque attuare la raccolta differenziata dei rifiuti umidi e migliorare la qualità del compost prodotto negli impianti di compostaggio.

Per ottenere questi obiettivi occorre:
• la raccolta porta a porta, la via che consente di arrivare rapidamente a raccolte differenziate del 70-80%;
• la tariffa puntuale: chi produce meno rifiuti e differenzia di più, deve pagare di meno!
• per la frazione residua trattamenti meccanici non nocivi per la salute e per l’ambiente.


Per il nostro territorio proponiamo

• A San Casciano non servono altri esperimenti, ma una raccolta porta a porta finalizzata al riciclo e alla valorizzazione dei materiali con un vero e concreto progetto di area su vasta scala, differenziare i rifiuti è inutile se non si predispongono le strutture per un trattamento completo;
una gestione efficiente dell’impianto di compostaggio di Ponterotto, assicurando all’impianto un conferimento dei rifiuti umidi di alta qualità;
• progetti concreti per la riduzione della produzione pro-capite dei rifiuti;
• di bloccare il previsto inceneritore a Testi e l’ampliamento dell’impianto di Sibille/Falciani;
di non autorizzare la combustione di rifiuti nel forno del cementificio Sacci, impianto che non dispone neanche dei sistemi di abbattimento minimi previsti per gli inceneritori.

Laboratorio per un’altra San Casciano
Rifondazione Comunista San Casciano
Lista civica Futuro Comune San Casciano
Lista civica con Paolo Stecchi Greve in Chianti
Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste del Chianti fiorentino

giovedì 8 aprile 2010

Il 17 a Parma Manifestazione Nazionale contro gli Inceneritori


TUTTI A PARMA IL 16-17 APRILE PER ABBATTERE IL MURO DELL’INCENERIMENTO E PER APRIRE LA STRADA A RIFIUTI ZERO. A PARMA, TUTTI INSIEME SI PUO’… SI DEVE!

Cresce in modo esponenziale la partecipazione all’evento del 17 aprile. L’appello delle GIORNATE DI MOBILITAZIONE STA FACENDO IL GIRO DEL MONDO ed è stato pubblicato anche su GAIA www.no-burn.org. Moltissime delegazioni saranno presenti da tutta Italia per dimostrare CHE LA BATTAGLIA CONTRO L’INCENERITORE DI PARMA E’ LA BATTAGLIA CONTRO TUTTI GLI INCENERITORI. Dalla Toscana sono già previsti tre pullman e il “tam-tam” della rete sta contagiando decine e decine di siti e blog… continuiamo a fare “passaparola”… intanto la rete Italiana Rifiuti Zero ANNUNCIA LA TRADUZIONE ITALIANA DEL LAVORO SCIENTIFICO DI VYVIAN HOWARD “Particulate Emissions and Health” scaricabile da www.ambientefuturo.org. Esso è servito a sconfiggere la realizzazione degli inceneritori in Irlanda dove stanno prendendo quota le alternative.

Gestione corretta rifiuti
noinceneritori, coordinamento dei comitati della Piana di Firenze Prato e Pistoia

lunedì 15 marzo 2010

ALLARMISMO??? L'inceneritore di Montale e il latte materno

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Ai consiglieri comunali e agli amministratori di Greve in Chianti e San Casciano Val di Pesa

ALLARMISMO???

A Montale l’inceneritore rilascia DIOSSINE che si accumulano nella catena alimentare
L’inceneritore di Montale (PT) tratta circa 36.000 tonnnellate/anno, recentemente autorizzato a 150 ton/giorno (45.000 ton/anno), rifiuti urbani ma anche ospedalieri e speciali. L’impianto ha sempre presentato criticità ed anche in passato erano stati riscontrati superamenti nelle emissioni di diossine, ma aveva sempre continuato a lavorare. Nel maggio 2007 furono effettuati controlli i cui risultati analitici evidenziarono un importante sforamento per le diossine, che fu confermato nella successiva indagine per cui, a distanza di oltre due mesi si giunse, nel 2007, alla sua temporanea chiusura.

A Testi il cementificio SACCI già oggi possiede l’autorizzazione a bruciare una quantità di rifiuti che è oltre la metà di quella di Montale
Oggi SACCI è autorizzata bruciare nei suoi forni 20.000 tonnellate/anno di CDR (combustibile derivato da rifiuti) dalla Provincia, mentre per il Piano Provinciale ne potrebbe bruciare “solo” 15.000. Proprio per i problemi incontrati nelle emissioni dai camini ci risulta che questa potenzialità autorizzata di incenerimento non sia stata ad oggi completamente sfruttata. Ciononostante, si sta tranquillamente discutendo di far arrivare questa potenzialità ad oltre il doppio: 40.00 tonnellate annue, quante ne brucia Montale oggi.

A Montale le analisi a suolo, vegetali e pollame evidenziano accumuli pericolosi di diossine
Dal 2007 al 2009, anche in seguito alle vivaci polemiche dei cittadini, furono fatte analisi da parte di ARPAT ed ASL sia di tipo ambientale sia su matrici biologiche (uova, carne di manzo, polli, anatre e pesce gatto del locale parco pubblico). Da tali analisi è derivata una cartografia delle diossine al suolo, ed è emerso che i limiti di legge per la presenza di diossine nella carne di pollo (4ng/kg) erano sforati sulla maggior parte dei campioni, arrivando anche al decuplo (46/ng/kg).

A Testi NESSUNA ANALISI
Nonostante le nostre reiterate richieste, amministratori pubblici e istituzioni (ASL, ARPAT, Provincia) negano necessità e utilità di analisi ambientali o epidemiologiche, e rilasciano a SACCI la autorizzazione a proseguire l’attività (AIA). Questo nonostante le ripetute violazioni di norme e prescrizioni ambientali da parte di SACCI: già responsabile della attivazione di un vasto fronte di frana per la propria attività di escavazione, inottemperante alle norme sul trattamento dei liquami sino alla procedura di AIA, inottemperante dal punto di vista della manutenzione degli strumenti di misurazione dell’inquinamento e mancanza di autocontrolli come dichiarato nell’ottobre 2007 dalla Provincia di Firenze con una procedura di diffida. Tale procedimento si è chiuso in base alle sole comunicazioni fornite dall’azienda. Nella documentazione fornita da Sacci per il procedimento di AIA, tabella dei valori delle emissioni, avevamo riscontrato valori superiori ai limiti di legge per diossine e mercurio; in seguito alla nostra richiesta di chiarimenti agli enti competenti, la Provincia di Firenze ha risposto fornendo la documentazione con cui Sacci Spa definisce i valori delle emissioni fuori norma trasmessi alla Provincia di Firenze “errori di trascrizione”, demandando ad Arpat la valutazione delle dichiarazione dell’azienda. Inoltre SACCI ha visto porre i sigilli all’azienda nel 2009 da parte della magistratura a causa delle violazioni alle norme acustiche comunali, violazioni “sanate” dal Comune di Greve tramite innalzamento della classe acustica che consente a SACCI di continuare l’attività rumorosa. Insomma, autocontrolli non sempre affidabili e atteggiamento quanto meno “disattento” da parte di amministrazioni locali ed istituzioni.

A Montale dalle analisi su latte materno emergono dati preoccupanti sulle diossine
Trattandosi di sostanze persistenti e bioaccumulabili, le diossine finiscono per accumularsi nel nostro stesso organismo, passano dalla madre al feto ed anche attraverso il latte; due mamme residenti in area di ricaduta hanno volontariamente accettato di sottoporre ad analisi il proprio latte, a circa due settimane dal parto. L’indagine, eseguita presso il Consorzio Interuniversitario Nazionale la Chimica per l’Ambiente di Marghera (Ve) ed il cui costo è stato sostenuto dal comitato contro l’inceneritore, ha evidenziato la presenza di 12 molecole diossino-simili appartenenti ai Policlorobifenili (PCB dioxin-like) nei campioni di latte materno che, hanno un profilo simile ai PCB emessi dall’impianto (analisi a camino di ARPA e del gestore) ed al ai PCB riscontrati nella carne di pollo.

A Testi: tutto va bene?
Noi non sappiamo cosa possiamo trovare nel latte materno delle donne in prossimità dell’area di ricaduta massima dei fumi del cementificio (che arriva sino a Mercatale, potenzialmente) ma sappiamo che già oggi l’impianto SACCI BRUCIA RIFIUTI ed emette sostanze tossiche, cancerogene o dannose per l’organismo: La portata complessiva delle emissioni dai camini è estremamente rilevante, oltre 1.000.000 mc/h, superiori a quelle di un inceneritore di grandi dimensioni. Le emissioni di inquinanti a camino, anche rientrando nei limiti di legge espressi in mg/Nmc, rappresentano quantità assolute di sostanze, altamente dannose per la salute e per l’ambiente, di proporzioni estremamente rilevanti: ossidi di azoto per 930 t/a, ossidi di zolfo per 65 t/a, di PM10 38 t/a, oltre 420.000 t/a di CO2, oltre 4 t/a di cloro, oltre 7 t/a di Fluoro, e inoltre arsenico, mercurio e anche diossine (dati dichiarati dalla azienda stessa): per esempio consultando il Registro INES, su internet, troviamo, negli anni disponibili, SACCI SPA Cementeria di Testi in prima posizione, in Toscana, per emissioni in aria di mercurio (seconda nel 2002) e zinco. Dal Dossier Mal’Aria industria 2009 di Legambiente l’impianto risulta, nel 2006, terzo in Italia per emissioni in aria di mercurio.


Diossine e PCB: cosa sappiamo?
Con il termine di “diossine” si indica un gruppo di 210 composti chimici appartenenti agli idrocarburi policiclici aromatici e formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro. Capostipite di queste molecole è la TCDD (2,3,7,8–tetraclorodibenzo-p-diossina), nota anche come “diossina di Seveso” tristemente famosa in seguito all’incidente a Seveso del 1976. I bambini nati da madri coinvolte nell’infanzia nell’incidente di Seveso presentano alla nascita alterazioni della funzione tiroidea in modo statisticamente significativo: ciò significa che anche se questi neonati non sono stati direttamente esposti all’incidente di Seveso le conseguenze dell’esposizione materna si riscontrano a distanza di oltre 30 anni dall’incidente!. La TCDD (o diossina di Seveso) è stata riconosciuta nel 1997, anche in seguito agli studi fatti sulla popolazione esposta, come cancerogeno certo per l’uomo ad azione multiorgano ed è conosciuta come la sostanza più tossica mai conosciuta; la sua tossicità per l’uomo si misura infatti in picogrammi, ovvero miliardesimo di milligrammo ed è legata alla straordinaria affinità che la diossina ha per il recettore AhR (Aryl Hydrocarbon Receptor), un recettore presente ampiamente nelle cellule umane, ma non solo.
Si tratta di molecole particolarmente stabili e persistenti nell’ambiente; i loro tempi di dimezzamento (ovvero il tempo necessario perché la dose si dimezzi) variano a seconda delle molecole e della matrice esaminata: ad esempio per la TCDD i tempi di dimezzamento sono da 7 a 10 anni nel corpo umano e fino a 100 anni nel sottosuolo. Si tratta di sostanze insolubili in acqua e che hanno viceversa una elevata affinità per i grassi. Sono soggette a bioaccumulo, cioè si concentrano negli organismi viventi in misura nettamente maggiore rispetto all’ambiente circostante; nell’uomo la loro assunzione avviene per oltre il 90% per via alimentare, specie attraverso latte, carne, uova, formaggi ecc.. Sia PCDD che PCDF rientrano fra i 12 Inquinanti Organici Persistenti riconosciuti a livello internazionale e messi al bando dalla Convenzione di Stoccolma sottoscritta da 120 paesi, fra cui l’Italia. Le diossine sono sottoprodotti involontari dei processi di combustione e si formano in particolari condizioni di temperatura ed in presenza di Cloro. Secondo l’ultima edizione dell’inventario europeo delle diossine le principali fonti per l’Italia di produzione di tali inquinanti sono rappresentate dalle combustioni industriali (64.4%), di cui oltre la metà (37% del totale) da incenerimento di rifiuti urbani, il traffico stradale contribuisce solo per l’1.1%.


AGLI AMMINISTRATORI LOCALI e ai consiglieri comunali dei comuni di
Greve e San Casciano Val di Pesa rivolgiamo alcune delle domande poste al termine dello studio su Montale dalla dott. Gentilini:

1. Perché questi esami di biomonitoraggio non sono eseguiti su larga scala ed in modo sistematico nel tempo, in modo da valutare l’evolversi degli inquinanti presenti nel latte materno?
2. Chi può in tutta onestà ritenere che gli attuali livelli di contaminazione del latte materno siano scevri da rischi per la salute dei bambini e non siano inevitabilmente destinati ad aumentare se si prosegue in politiche di incenerimento e combustione, sia che si tratti di biomasse o di rifiuti,come si sta registrando ovunque in Italia?
3. Come ci si può ragionevolmente “fidare” di nuove o migliori tecnologie impiantistiche (BAT) se èindiscutibile che anche da un impianto tenuto sotto stretta osservazione – dopo gli incidenti occorsi – quale quello di Montale, i PCB sono emessi in quantità assolutamente non trascurabili ed altrettanto accade, fatte le debite proporzioni, per il tanto decantato inceneritore di Brescia?
4. È accettabile che un bimbo di 5 kg possa indifferentemente assumere PCB da 18 a 240 pg/kg di peso (invece dei 2 raccomandati come soglia da OMS ed UE per gli adulti) al dì a seconda che risieda in una zona rurale, a Brescia o Taranto o 80 pg/kg di peso se risiede nel territorio di ricaduta di un inceneritore?
5. Come si possono dare consigli scientificamente motivati in merito se non si impostano studi su larga scala e protratti nel tempo?
6. Chi può assicurarci che il triste primato che l’Italia detiene riguardo il cancro nell’infanzia, ovvero un incremento del 2% all’anno, pressoché doppio di quello riscontrato in Europa (1.1% annuo) non abbia relazione con l’esposizione già in utero e poi attraverso il latte a questa pletora di sostanze tossiche e pericolose ( furani, Pcb, PCDD, metalli pesanti come il mercurio o il cadmio, etc…)?
7. Perché devono essere i cittadini e soprattutto le mamme a porsi questioni così cruciali dovendo sempre fare da “traino” alle istituzioni la cui unica preoccupazione sembra essere quella di “tranquillizzare” sempre e comunque i cittadini?
8. Perché non ammettere – onestamente – che la questione è talmente scabrosa che di fatto si è preferito fino ad ora ignorarla? Perché non si comincia, ad esempio, con una analisi sistematica degli inquinanti presenti nel cordone ombelicale, data la disponibilità delle banche del cordone?
9. Per il futuro cosa si pensa di fare? Non sarebbe il caso di cominciare chiudendo definitivamente inceneritori come quello di Montale, e al tempo stesso abbandonare le dilaganti politiche di incenerimento di materiali di ogni tipologia e composizione (COME SI VUOL PRATICARE NEL CHIANTI PER TESTI)? I rifiuti, come dice la legge, devono essere smaltiti “senza danno per la salute e per l’ambiente” e ciò è assolutamente possibile già oggi in quanto esistono alternative alla combustione dei rifiuti che evitano in buona misura anche il conferimento in discarica.



Coordinamento Ambientalista del Chianti
(Legambiente circolo il Passignano, Rete dei comitati per la difesa del territorio, Medicina democratica, Italia Nostra, Legambiente circolo Il Gallo Verde, WWF, AMAT Montespertoli)

mercoledì 13 gennaio 2010

Sull'ATO 6 parla il "babbo" dell'inceneritore di Brescia

Metropoli, Lettera sulla gestione dei rifiuti in Provincia di Firenze di Simone Larini

Caro Direttore,
mi chiamo Simone Larini e sono l’autore di una dozzina di importanti piani di smaltimento rifiuti, tra cui quello per la Provincia di Brescia (che dette il via al famoso "termovalorizzatore") e quello per la Provincia di Treviso. Quest'ultimo piano ha creato le condizioni che hanno consentito al Consorzio Priula il più alto tasso di RD (78%) e la più bassa produzione procapite di rifiuti d'Italia (320 kg/anno per abitante). Sono quindi "inceneritorista", ma anche esperto di raccolta differenziata, capace di progettare raccolte in cui la percentuale di scarti sia prossima allo zero (come nel mio progetto per Fiera Milano o in un progetto pilota che ha consentito di introdurre in Italia il riciclo degli imballaggi di Tetra Pak.)
Fino a qualche anno fa ero uno dei più stimati esperti italiani di rifiuti; ormai mi sono ritirato dall'attività, sebbene per “dovere civico” continui ad occuparmi della materia. Ad esempio, ho creato il sito www.inforifiuti.com di informazione indipendente sulla gestione dei rifiuti, in cui si può trovare una documentata smentita di dieci luoghi comuni sui rifiuti.

Mi vedo costretto ad intervenire - cercando di fornire migliori elementi di valutazione - per rettificare una serie di affermazioni inesatte che negli ultimi mesi ho letto in alcune interviste pubblicate in alcuni giornali locali dell’area fiorentina.

Premetto che di seguito userò il termine "inceneritore" in luogo di "termovalorizzatore". Pur non avendo pregiudiziali contro l’uso energetico dei rifiuti (posso essere definito un "inceneritorista"), sono di formazione professionale di stampo anglosassone e quindi uso la parola equivalente a "incinerator", piuttosto che un termine ipocrita come “termovalorizzatore”, che non ha equivalenti nel mondo.

1. Il mercato dei materiali di recupero
Nel momento in cui si evocano eventuali difficoltà di collocazione sul mercato del recupero dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata (RD), ci si deve ricordare che la RD non è stata inventata dagli ambientalisti, ma nasce allo scopo di recuperare materie seconde per l’industria, al fine di ottenere un risparmio economico rispetto al consumo di materie prime.

Problemi di ordine strutturale riguardano solo i rifiuti plastici, che sono però una frazione minore e scarsamente strategica. Le difficoltà di riciclo di questo materiale non devono eventualmente servire come scusa per affossare la RD di carta, cartone, vetro, lattine e legno, che possono incontrare difficoltà di collocazione sul mercato solo qualora vengano raccolti con sistemi di RD non ottimali, che determinino un'elevata incidenza di scarti.

Dovendo raggiungere l'obiettivo di legge per la RD, le frazioni di rifiuto strategiche sono: carta e cartone, sostanza organica, vetro. In genere, fare bene la RD di queste sole tre frazioni significa già recuperare il 65% dei rifiuti urbani (evitando quindi la soprattassa del 20%, dovuta per il mancato raggiungimento degli obiettivi di legge).

Dato che il 50% delle cartiere italiane è situato in Lucchesia, per i rifiuti cellulosici non esistono in Toscana problemi di collocazione.

Esiste invece un problema di qualità per i rifiuti organici raccolti nell'area fiorentina. La cospicua presenza di materiali indesiderati costringe gli impianti di compostaggio dell'area fiorentina a intense e ripetute procedure di raffinazione che rendono il prodotto finito una sostanza polverosa ben poco simile al classico compost. Ma il vero motivo per cui tale compost risulta poco appetibile per eventuali utilizzatori non sta nel "mercato", bensì sta a monte: dipende dal fatto che vengono usati sistemi di RD non ottimali, basati sull'impiego di cassonetti stradali che consentono il conferimento anonimo e incontrollato di grandi quantità di scarti non compostabili. A differenza di quanto succede in Lombardia, dove il largo impiego di sistemi di RD più idonei e intelligenti ha ridotto la percentuale di scarti indesiderati nella RD dell'organico praticamente a zero. Zero scarti, su base regionale, sottolineo.

Inoltre, a causa delle note vicende, l'impianto San Casciano è così lontano dallo stato dell'arte che non riesce a decomporre correttamente neanche i sacchetti in plastica biodegradabile. E' chiaro che un materiale così non è vendibile: io stesso non userei nel mio mini-orticello biologico un compost del genere. Ma ciò dipende dagli errori di gestione in fase di raccolta e trattamento, non da una scarsa ricettività del "mercato" rispetto al compost da RSU.

2. Il Piano Rifiuti
Non viene recepita l’innovazione

È incomprensibile come la validità del piano rifiuti della Provincia di Firenze venga tuttora sostenuta, ostinatamente e in maniera completamente acritica. Essendo uno dei più esperti pianificatori italiani, quando ho letto il piano rifiuti dell'ATO 6 non ho potuto fare a meno di rilevare una lunga serie di errori, che vanno dal metodo di analisi merceologiche, alle impostazioni strategiche, alla bacinizzazione, alle soluzioni impiantistiche, alle previsioni di costo.

Inoltre, i costi generali del sistema di gestione delineato dal piano porterebbero almeno al raddoppio della tariffa per i cittadini. Nella mia carriera non ho mai visto un piano con tanti errori tutti insieme. Per dare un'idea, ne ho riassunto l'elenco completo in una relazione, che ho scritto per "dovere civico" e regalato agli amministratori locali chiantigiani: si tratta di un documento di 23 pagine!
In sé stessa, la presenza di errori non sarebbe un problema: per loro natura i piani sono soggetti a revisioni periodiche, al fine di recepire i mutamenti di scenario tecnico, legislativo, ecc. Negli ultimi anni si sono ad esempio verificati alcuni importanti cambiamenti:

- L’abolizione dei contributi CIP6 all’incenerimento
-L’introduzione di un obiettivo minimo di legge del 65% per la RD
-Le nuove norme che limitano al massimo l’assimilazione agli urbani dei rifiuti speciali
-La diffusione in Italia dei sistemi di tariffazione puntuale (in cui chi più produce rifiuti, più paga)
-Il successo, in termini di risparmio economico e di risorse, registrato dalle esperienze di gestione dei rifiuti nel Nord Italia, ormai un modello per tutto il mondo.

L’errata impostazione strategica
Ma colpisce il fatto che, sebbene gli elementi elencati abbiano modificato profondamente il quadro delle condizioni al contorno, siano stati praticamente ignorati nelle ultime revisioni di piano, che hanno mantenuto inalterata un'impostazione strategica risalente ai primi anni '90, ormai superata sul piano strategico ed operativo.
Ad esempio, non viene applicato in maniera sistematica quello che nelle esperienze modello del Nord Italia è uno dei più forti fattori di riduzione di costo: la RD "spinta" dei rifiuti organici. E' infatti dimostrato dall'esperienza quotidiana in Lombardia e Veneto che quando la RD dei rifiuti organici riesce a intercettarne l’80-90% del totale, ciò consente di ottimizzare l'intero sistema di raccolta, riducendo dei costi complessivi. Ad esempio, quando si riesce a separare dal resto dei rifiuti una simile quota di rifiuti organici, il residuo indifferenziato risulta molto meno putrescibile e quindi si può ridurre la frequenza di prelievo dei rifiuti indifferenziati, anche a una sola volta la settimana. Un altro fattore di riduzione dei costi è il fatto che per la RD dei rifiuti organici vengono impiegati mezzi meno costosi, più piccoli e non compattanti (il peso specifico dell'organico è infatti quasi pari a 1).
Inoltre, il piano prevede di mantenere l'attuale sistema di raccolta, basato sull'impiego di cassonetti stradali, in cui vengono conferiti assieme, in forma anonima, rifiuti sia di origine domestica che non domestica. In questo modo, si perde l'occasione di operare una forte riduzione dei costi e si fanno mancare reali incentivi a una concreta riduzione dei rifiuti.
Una delle conseguenze della vasta diffusione dei cassonetti e della vasta adozione di una politica di massima assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani è il fatto che nella piana fiorentina la produzione procapite di rifiuti superiore del 50% rispetto alla media nazionale (736 kg/anno invece di 500). In Provincia di Treviso, invece questo valore scende a 368 kg/anno. Significa forse che i fiorentini hanno lo spreco nel loro DNA? Ovviamente no, dato che le province di Firenze e Treviso sono per molti aspetti molto simili. Un valore procapite così alto non va considerato come un dato di fatto “normale” ed inevitabile, ma è semplicemente un indice di cattiva gestione dei rifiuti.
Una delle ragioni di questa grande differenza di valori procapite è il fatto che nella Marca Trevigiana rifiuti domestici e non domestici hanno due circuiti di raccolta separati. Nella mia esperienza di pianificatore ho più volte verificato che i rifiuti assimilabili agli urbani (RSA) costituiscono il 40-60% dei rifiuti totali e sono per loro natura più facilmente ed economicamente recuperabili di quelli prodotti dalle famiglie. Uno dei fattori di successo della gestione dei rifiuti nei comuni trevigiani è quindi l'offerta di un servizio di smaltimento per il commercio, le industrie e gli artigiani a costi competitivi e con meccanismi che incentivino il conferimento differenziato: ad es. minori costi al kg per lo smaltimento dei materiali riciclabili.
Un’altra condizione indispensabile è l’abolizione dei cassonetti. In buona parte del nord Italia i rifiuti non possono essere più conferiti in forma liberamente ed anonima in contenitori stradali, ma solo nei bidoni personalizzati, affidati ad ogni famiglia o unità produttiva, le quali pagano la tariffa proporzionalmente alla propria reale produzione di rifiuti.
Il motivo per cui a Treviso per ogni abitante si produce la metà dei rifiuti rispetto a Firenze e dintorni appare quindi chiaro: nel nord Italia esiste un reale e concreto incentivo a ridurre i propri rifiuti, valido per commercio, aziende e cittadini. In Provincia di Firenze, invece, la riduzione rifiuti è affidata solo ad accordi di programma, a “tavoli” con associazioni di categoria, insomma solo a documenti con cui sono state siglate le varie intese per la riduzione dei rifiuti, tutte accomunate dall’inefficacia e da un cospicuo numero di dati messi a casaccio. Infatti, ancora non ho trovato da nessuna parte una dimostrazione numerica di come queste intese si traducano negli obiettivi di riduzione previsti dal piano provinciale (pari comunque a pochi punti percentuali).
Inoltre, vedendo l’abissale differenza dei dati tra l’area fiorentina e il nord Italia, invito a non dimenticare che produrre metà dei rifiuti significa anche sostenere la metà dei costi per lo smaltimento...

La bacinizzazione sbagliata
Un'altro grave errore del piano di Firenze è la bacinizzazione del territorio. Inizialmente, lo stesso piano indica, correttamente, il sistema territoriale “Chianti e Val di Pesa”, composto dai cinque comuni chiantigiani. Ma nel resto del documento l’esistenza di questo bacino viene poi dimenticata e ci si riferisce invece solo al cosiddetto “Bacino Fiesole e Chianti”: cioè l’attuale bacino di gestione Safi, tutt’altro che ottimale, in quanto accorpa al Chianti anche comuni dell'area fiorentina, incluso un comune a nord della città come Fiesole. Nell'ottica di un pianificatore, si tratta di un bacino semplicemente assurdo. Ma in questo modo, si fa risultare un bacino molto più grande di quanto sia in realtà e che, come vedremo dopo, ha un deficit di smaltimento di sole 2mila t/anno: un’inezia rispetto alle 900mila t prodotte annualmente nell’area dell’ATO Centro.

3. L'impianto di smaltimento a Greve in Chianti
Una delle decisioni più insensate del piano è quella di smaltire i rifiuti di Firenze a ridosso di una delle zone più belle del Chianti: la collina di Vicchiomaggio. Non sono riuscito a trovare una sola motivazione valida a supporto di questa scelta, mentre esistono almeno una dozzina di ragioni per cui la si può definire una pessima idea. Per brevità, ne cito solo un paio.

Quando la RD raggiungerà l'obiettivo di piano (e di legge) del 65%, il bacino Chianti avrà un deficit annuo di smaltimento dell'ordine di sole 2mila t di rifiuti indifferenziati (si deve infatti tenere conto che in Chianti, a San Casciano V.P., è già in funzione un impianto di compostaggio che ha capacità di trattare 10mila t/anno). Questo significa che il 98% dei rifiuti smaltiti dal previsto inceneritore proverrebbe da fuori del Chianti. Ciò vuol dire che un bacino con un futuro fabbisogno di smaltimento dell’ordine di 12mila t/anno dovrebbe ospitare impianti capaci di smaltirne quasi 100mila l’anno. In pratica, una potenzialità superiore di 10 volte rispetto alle esigenze del territorio.

Come principio generale, un bacino come il Chianti avrebbe vocazione e valore tali da consentirgli tranquillamente di essere un esportatore netto di rifiuti, come già fanno altri bacini dell’ATO, meno “pregiati e prestigiosi”, se mi si consente l’espressione. A maggior ragione, il ragionamento è valido a fronte di un deficit di smaltimento così ridotto. In linea generale, per soddisfare un fabbisogno di smaltimento di 2mila t/anno non si costruisce un impianto: nessun tipo di impianto.
La zona è poi palesemente non adatta per la costruzione di un inceneritore e nei miei piani non sarebbe stata neanche presa in considerazione. Tra le tante ragioni di non idoneità dell’area, ne cito solo alcune. Una vera zona industriale non è circondata da borghi abitati situati su colline più alte di un eventuale camino, che quindi verrebbero investiti direttamente dalle emissioni, con minima dispersione degli inquinanti.

Lo stesso piano rifiuti, inoltre, cita come fattori penalizzanti per la localizzazione di impianti le "bellezze panoramiche e le sponde dei fiumi per una fascia di 150 metri". E a meno di 150 metri dal sito previsto per l'impianto si trova la collina di Vicchiomaggio, che non può essere definita altrimenti che come “bellezza panoramica”, essendo una delle zone del Chianti fiorentino in assoluto più fotografate dai turisti.

Mi si consenta infine di rimarcare l’ottusità del ragionamento di chi dice che la valle della Greve ha una “vocazione produttiva per attività pesanti”. Queste attività furono create ormai un secolo fa, quando Greve era un comune molto povero. E mi risulta che a Greve grande povertà ci fosse ancora trenta anni fa, quando la produzione di cotto e di cemento era la principale risorsa economica del comune. Mi domando: il grande benessere degli ultimi anni è dovuto al Comune Slow, al turismo e alle produzioni agricole di qualità, o al contributo di settori industriali che hanno rispettivamente i piazzali pieni di prodotti in cotto invenduti, o lo stabilimento di Testi ormai più inattivo che in funzione, a causa della mancanza di ordini?

Sottolineo ciò solo allo scopo di inquadrare un corretto ordine di priorità nel definire la “vocazione produttiva” del territorio, che è un aspetto che anche un autore di piani rifiuti non può non tenere presente al momento di fare scelte localizzative.

4. Il fabbisogno impiantistico
Prevedere una gestione dei rifiuti basata su un largo impiego di inceneritori comporta necessariamente l'esigenza di attuare un sistema di RD che intercetti la massima quantità possibile di rifiuti organici e di rifiuti tossici e nocivi. Uno degli scopi della RD è infatti quello di detossificare il rifiuto destinato a impianti di trattamento finale, intercettando le principali frazioni di rifiuti pericolosi. Chi gestisce un inceneritore non ha affatto interesse a trattare rifiuti che contengano materiali tossici, o incombustibili, o scarsamente combustibili. Per questo chi gestisce un inceneritore deve garantire il massimo impegno nella differenziazione a monte delle frazioni incompatibili con l'incenerimento, a partire dai rifiuti organici.

Seguire fino in fondo la esistente logica del piano, incentrata sul ricorso all'incenerimento, significherebbe quindi che in Provincia di Firenze dovrebbe essere attuato un sistema di RD che si ponga sullo stesso livello delle migliori esperienze italiane. Ma facendo alcuni facili conti, si scopre che applicare una logica pianificatoria coerente porta a risultati ben diversi rispetto a quelli adesso propagandati. Cioè: se si fa bene la RD si scopre che non alla fine non servono tanti impianti.

L'ATO Centro, composto dall'accorpamento delle province di Firenze, Prato e Pistoia, ha una produzione annuale di rifiuti pari a 911mila tonnellate. Per intercettare adeguatamente i rifiuti organici sarebbe necessario applicare un modello di gestione di stampo trevigiano, basato sulla separazione dei circuiti di raccolta per rifiuti domestici e non domestici. La mia esperienza mi fa stimare che gli RSA siano pari al 60% del totale. Dato che come si è detto gli RSA sono più facilmente recuperabili rispetto agli RSU, supponiamo anche che le quote di recupero con la RD siano per gli RSU pari al 65% (obiettivo minimo di legge) e per gli RSA pari al 78%, cioè al valore complessivo di RD attualmente registrato nel bacino Priula dei comuni attorno a Treviso. Supponiamo anche che l'introduzione di tale sistema di RD faccia scendere anche la produzione procapite nel bacino su livello trevigiani. Secondo tale scenario la quantità di rifiuti da smaltire scenderebbe a 450.000 t/a, di cui 300.000 verrebbero recuperati e poco più di 100.000 rimarrebbero da smaltire.

Qualora si ritenesse estrema questa ipotesi, supponiamo che l'effetto di riduzione di rifiuti si fermi al valore medio nazionale (500 kg/anno per abitante): il totale dei rifiuti da smaltire dell'ATO Centro scenderebbe a 740.000 t/a, di cui quasi 540.000 verrebbero recuperati e solo 200.000 rimarrebbero da smaltire.

Dovendo smaltire un quantitativo del genere in un bacino in cui è già attivo un inceneritore (a Montale), che già sarebbe in grado di trattarne quasi la metà non solo sarebbe inutile costruire tre nuovi inceneritori, ma saremmo ben al di sotto della soglia di convenienza economica per costruire anche un solo inceneritore. Alcune recenti vicende (Acerra) hanno infatti dimostrato che - senza il contributo CIP6 - non è economicamente sostenibile la gestione neanche di un impianto da 500.000 t/anno. Costruire un inceneritore per smaltirne solo 100mila è quindi semplicemente insensato.

5. L'urgenza
Un altro argomento spesso portato a sostegno di certe scelte pianificatorie è l'urgenza di garantire ai rifiuti indifferenziati toscani un destino diverso dalla discarica. Pienamente d'accordo. Ma se l'obiettivo è uscire velocemente dall'emergenza rifiuti, allora non si può che puntare innanzitutto sulla RD, anzichè sul ricorso a impianti che richiederanno molti anni prima di essere messi in funzione. Infatti, anche in Toscana ci sono ormai molti comuni, come ad esempio Calenzano, che grazie all'introduzione di forme di RD di tipo porta a porta hanno più che raddoppiato il tasso di recupero, superando il 60% nel giro di un solo anno.

6. I veri obiettivi della RD
Fare (bene) molta RD significa uscire dall'emergenza velocemente e nel contempo avere meno costi e minori impatti sulla salute da impianti inquinanti. Ho portato come esempio alcune virtuose esperienze di comuni toscani, che dimostrano come anche nella nostra regione si possano raggiungere velocemente risultati che fino a poco tempo fa erano tipici solo del nord Italia. Ma faccio presente che si può addirittura fare molto meglio di così.

Esorto le amministrazioni a non avviare iniziative isolate, a livello di singolo comune, per almeno du buoni motivi. Innanzitutto il fatto che ha poco senso fare progetti pilota, in quanto su questa materia c’è poco da sperimentare. Basta infatti fare poche centinaia di chilometri per trovare dozzine di comuni lombardi e veneti con caratteristiche molto simili. Che siano abitati con centri storici, in collina, con case isolate o vasta diffusione di PMI, basta fare qualche ora di viaggio e si trova un bacino di comuni simili che ha brillantamente risolto i propri problemi di rifiuti.

Il secondo, ma non meno importante aspetto è l’esigenza di inserire ogni innovativa iniziativa locale nel quadro in un sistema coordinato e ben progettato. Introdurre la RD porta a porta in un singolo comune o frazione non è di per sè garanzia di successo o di risparmio di costi. La RD deve sempre e comunque essere il risultato di un sistema pianificato e organizzato, in cui ad esempio si riescano a raggiungere economie di scala nell'acquisto dei nuovi mezzi per la raccolta, nella logistica, nella gestione degli impianti di compostaggio, ecc. Soprattutto si si pensa alla tariffazione “puntuale”, in cui si paga proporzionalmente alla propria produzione di rifiuti, è evidente che è più facile che abbia successo qualora venga introdotta in un’area sovracomunale, anzichè in una piccola frazione, in cui gli abitanti possano portare i rifiuti nel quartiere vicino.

Concludo ricordando come la RD di tipo “porta a porta” non deve essere un obiettivo in sé, ma è semplicemente uno mezzo, allo scopo di raggiungere i seguenti obiettivi, alcuni dei quali sono a loro volta strumenti per raggiungere altri obiettivi:

una RD spinta dei rifiuti organici, perchè solo intercettando il 90% di questa frazione è possibile operare una riforma generale del servizio;

la separazione dei circuiti di raccolta di RSU e RSA, allo scopo di ottenere un migliore recupero e formulare un’offferta tariffaria specifica e adatta per ogni categoria;

abolire i cassonetti stradali e introdurre la tariffazione puntuale per le utenze domestiche, al fine di contenere la produzione dei rifiuti da parte delle famiglie;

creare un sistema di RD dei rifiuti non domestici, con tariffazione puntuale e tariffe diversificate per materiale, al fine di incentivare la riduzione e la differenziazione dei rifiuti di commercio, industria e artigianato;

ridurre i costi, grazie alla riduzione globale della produzione di rifiuti, al prelievo settimanale dei rifiuti indifferenziati, ai mezzi meno costosi per la RD dei rifiuti organici, ecc.

L’adozione di queste strategie e di questi strumenti è il segreto del successo della gestione dei rifiuti nel nord Italia, che ha consentito risparmi economici e di risorse, diminuito il ricorso agli impianti di smaltimento finale e che ormai è un esempio e un modello non solo per la Toscana, ma per tutta l’Europa. Come dimostra il fatto che ogni settimana davanti alla porta di Enzo Favoino (uno dei massimi esperti di compostaggio e gestione rifiuti) c’è la fila di amministratori e consulenti stranieri, venuti in visita in Italia per imparare da noi come gestire in maniera intelligente i rifiuti, coniugando risparmio ambientale ed economico.

Molti di questi stranieri in visita sono spagnoli, perchè dopo aver ignorato per anni le buone esperienze della RD in Germania, ritenendo - anche giustamente - che le differenze tra i due paesi fossero insormontabili, quando hanno visto che gli italiani cominciavano a fare anche meglio dei tedeschi, si sono resi conto: “ma se riescono a fare certe cose persino gli italiani, pure loro così diversi dai tedeschi, allora anche noi possiamo farcela...”.
Gli spagnoli non so, ma secondo me i toscani ce la possono fare di sicuro...

Simone Larini
contatti@inforifiuti.com



La risposta di Emilio Galanti, Dirigente Direzione Ambiente e Gestione Rifiuti della Provincia di Firenze
«Il Piano provinciale di ATO 6 – Area Metropolitana Fiorentina – è stato approvato nell’ anno 2002 e poi modificato nel 2006, per la localizzazione dell’impianto termico della Piana Fiorentina, inizialmente previsto ad Osmannoro 2000 e poi a Case Passerini. E’ evidente che un piano concepito negli anni ‘90 ed approvato all’inizio degli anni 2000, possa oggi risultare superato rispetto alla normativa, nel frattempo modificata soprattutto con il D.lgs 152/2006, il Testo Unico Ambientale. Tuttavia le critiche dell’ing. Larini suonano un poco tardive, arrivando ben sette anni dopo l’approvazione del Piano. In realtà, in questi anni, la situazione, fortunatamente, non è rimasta ferma. Basti considerare il fatto che le iniziative individuate dal Piano provinciale per contenere e stabilizzare la produzione dei rifiuti, hanno raggiunto gli effetti sperati: si è infatti stabilizzato la produzione di rifiuti con incrementi assai modesti dal 2003 al 2006 e ottenendo una chiara inversione di tendenza negli anni 2007 e 2008 (con una riduzione complessiva del 2,06%). Anche per quanto riguarda la raccolta differenziata, la politica impostata dal Piano provinciale dei rifiuti ha consentito notevoli passi in avanti: negli anni dal 2003 al 2007 la raccolta differenziata nell’ ex ATO è cresciuta del 25,45%, ed è oggi intorno al 40%. Certo, siamo ancora lontani dalle previsioni di legge del 65% da raggiungere nell’ anno 2012, ma bisogna considerare che il trend di miglioramento è costante e, soprattutto, che i dati sopra riportati si riferiscono all’intero territorio provinciale, compresi il centro storico fiorentino e la montagna dell’Alto Mugello, situazioni nelle quali è più difficile conseguire buone performances di raccolta differenziata. L’ing. Larini fa invece riferimento a situazioni privilegiate e localizzate del Veneto e della Lombardia, ad esempio il Consorzio Priula, costituite da Comuni medio-piccoli, ove è più facile conseguire livelli elevati di raccolta differenziata.Ancora, l’attuale Piano provinciale ha consentito il completamento del sistema impiantistico a supporto della raccolta. Sono stati realizzati infatti gli impianti di selezione e di compostaggio, sufficienti e adeguati per gestire in maniera ottimale i nuovi obiettivi di raccolta della frazione organica. Invece, non è stato ancora possibile avviare il sistema di termovalorizzazione della frazione secca del rifiuto. Ciò per due principali motivi: in primo luogo per la conflittualità che ha accompagnato l’attuazione del Piano provinciale; in secondo luogo, per il processo, ancora in corso, di riaggregazione delle cinque aziende di gestione dei rifiuti operanti nel territorio della provincia, in vista della indizione da parte di ATO Toscana Centro della gara per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani nel territorio di riferimento. La gara porterà alla individuazione di un unico gestore affidatario del servizio per tutto il territorio delle tre Province. La L.R. 61/2007 ha disposto la riduzione degli ATO da 10 a 3, prevedendo anche una nuova pianificazione della gestione dei rifiuti, da effettuarsi su base interprovinciale. In tal senso le Province di Firenze, Prato e Pistoia, che insieme costituiscono il territorio dell’ATO Toscana Centro, hanno concluso la redazione del nuovo piano interprovinciale, per il quale saranno avviate, fin dalle prossime settimane, le procedure di adozione e di approvazione.Il nuovo Piano interprovinciale contiene scelte assai vicine all’ impostazione suggerita dall’ ing. Larini. In primo luogo, per il conseguimento del livello di raccolta differenziata del 65% si prevede di dover estendere il metodo della raccolta porta a porta e un graduale passaggio alla applicazione puntuale della tariffa, la cui parte variabile sarà commisurata alla quantità di rifiuto indifferenziato conseguito da ogni singola utenza. In altri termini, spariranno i tradizionali cassonetti dell’indifferenziato, mentre la normale procedura di raccolta domiciliare avverrà per le sole frazioni “differenziate”: carta e cartone, plastica, vetro, organico, alluminio, ecc. Il sistema impiantistico sarà completato con la realizzazione del nuovo impianto termico di Case Passerini (Sesto Fiorentino) e con l’ampliamento e l’adeguamento degli impianti esistenti di Testi (Greve in Chianti), Selvapiana (Rufina) e Montale, che complessivamente saranno in grado di soddisfare le necessità di termovalorizzazione delle tre Province. Certamente, la scelta di realizzare un unico impianto termico di grande dimensione sarebbe stata forse preferibile, almeno dal punto di vista del contenimento dei costi. La scelta compiuta dalle Comunità di ATO Toscana Centro è invece giustificata dalla opportuna ripartizione dei carichi ambientali nei diversi bacini di produzione del rifiuto, dal fatto che tutti i siti individuati sono storicamente destinati allo smaltimento dei rifiuti e dalla necessità di limitare la movimentazione dei rifiuti stessi.Il nuovo Piano interprovinciale sarà ora sottoposto alle procedure di Valutazione Ambientale Strategica e poi alle procedure di adozione e di approvazione previste dalla L.R. 61/2007, che prevedono un ampio confronto su tutte le scelte compiute dal nuovo Piano. In tal senso ascolteremo volentieri le critiche e le proposte costruttive, tese davvero a migliorare le soluzioni proposte dal Piano, come quelle avanzate dall’ ing. Larini».
 

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Questo sito è nato per volontà del Comitato delle Associazioni per tutela dell’ambiente e del territorio attive nel Chianti fiorentino, come archivio dei molti materiali raccolti e, attraverso contributi e segnalazioni di tutti, singoli e associazioni, con l'intento – oltre che di informare gli interessati della situazione attuale – di coordinare eventuali azioni da intraprendere.

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